Poesia Inedita
Mariano Luccero
Opera 1° classificata
Agape
La pace c‘è
Edifica in ossuti archi funerei
Temprata da melanconiche voci apolidi
Sottomessa al volere supremo dell’ignavia
Toni sgradevoli
Ricompensano
Fulminei bisogni dei senza speme
Accartocciati in distese aride
Salvo è chi
Ha paura di amare
E credere nel monotono godimento
Collimando l’atomo del suo saggio sogno
Eppure va così
La cenere riempie le mie strade
Mentre insensati odi
Trucidano la mia ricerca d’Agape
Claudio Fichera
Opera 2° classificata
Un morto senza storia
Tra massi levigati nell’asperità del tempo
ritrovo forme a me sì note e ancora care,
terre impopolari segnate dalla scompostezza
di quella baraonda che insudicia l’esistenza.
Nei campi pregni del sangue per altri volti
vedo cedere un passo talvolta incerto, stanco,
nell’inutile ritorno da chi non puoi riscattare
già frodato di ogni compassione nell’alito…
Le mura in un insolito riposo giacciono lese,
informi nel rispetto di quei giorni così diversi
quando dalle strade si alzava almeno il sorriso
nell’impudenza di una lieta evidente povertà.
Le vie al tremore nel passeggio di pesanti ruote
fuggono le zolle non più trattenute da zoccoli,
delicati rintocchi uditi nell’innocente imbarazzo
quando un puledro si impadroniva dei desideri.
Piazze sconosciute pugnalate da profondi anfratti
ostacolano la memoria che cerca la sua ragione
ai piedi di mulattiere intatte, forse accantonate,
immobili da quello stupore inatteso di certe notti.
Le porte della mia città alle spalle restio ripudio
nella tristezza di tutto il nulla che affranto dissento
nella polvere tra le macerie rigetto ogni calunnia…
troppe le sfide a cui uno spettro può cavare l’anima.
Muovo esule il mio indirizzo a collezionare storia
vuoto nell’anonimato di una condanna ieri inflitta,
smarrito nel profondo di ogni ricordo già sepolto
quando, mendicante nello scherno, domani rinascerò...
Gustavo Petti
Opera 3° classificata
Risveglio
Risveglio… agitazione.
Angoscia… affanno.
Pianto… liberazione.
Colpa… sensazione.
Risveglio… travolgente agitazione.
Angoscia… opprimente affanno.
Pianto… dolcissima liberazione.
Colpa… struggente sensazione.
Risveglio.
Angoscia.
Pianto.
Colpa.
Un’altra giornata,
un altro tormento.
Dolce è la notte,
la testa tra le mie mani.
Il caldo corpo di mia moglie,
dolce è il sonno.
Non più angoscia.
Non più pianto.
Non più colpa.
Guido Bava
Opera 4° classificata
In quel nulla che è tutto
Guardare il cielo
e lasciare che, la mente,
ne invada gli infiniti spazi
su in alto, in quel nulla
che è tutto,
fonte di vita, illusione,
certezza, anelito…
Io, viaggiatore dell’universo,
solo, senza catene,
senza pensieri, senza inibizioni
vorrei perdermi,
in quel nulla che è tutto.
Marco Caroni
Opera 5° classificata
Eroi stanchi
Noi, eroi stanchi di un sogno
mal posto,
abbiamo in silenzio
assistito alla disfatta di dei
poco propensi ad assecondare
gesta forse banali,
assuefatti anzi a disdegnare
sagome di mentiti ideali,
paradisi artificiali in cui
avremmo poi smarrito le nostre
più segrete emozioni.
Maria Luisa Caputo
Opera 6° classificata
Nomade
Mi piace credere di essere
cittadino del mondo
e ancora di più sentirmi straniero
in ogni nuovo paese
Non voglio perdere suggestioni
profumi di macchie verdi
colori di cieli
Spero di avere sempre
occhi incantati
per nuove meraviglie
occhi vividi per catturare
sguardi segnati da fili sottili di nero kajal,
forme rotonde e sinuose nascoste
dall’indaco, dall’oro, dall’arancio
dei sari e dei caftani fluttuanti,
occhi attenti a percepire
le sfumature dei toni bruni
che non mi facciano dire negro
a chi dal cenozoico guarda di più il sole
E quando sulla tavolozza della mente
i colori formeranno unica
indistinta macchia
allora dovrò riprendere il viaggio
per sentirmi cittadino del mondo
e ancora straniero
per non dimenticare che la diversità
è la Vita.
Luigi Vento
Opera 7° classificata
Teatrali movenze
L’oscura notte
rinserra l’erompere
delle nostre passioni.
Sulla luna radente
un idilliaco scenario
osa avversare
l’ermeneutica dell’essere.
Teatrali movenze
inquietano la veglia
di una evanescente venia.
I fascinosi corpi
debellano
l’ormai spoglia atarassia.
Minturno il 13 aprile 2003
Celestino Casalini
Opera 8° classificata
Finzioni…
Negli estremi facili e vaghi
delle notti:
dissetiamo i nostri
desideri d’immenso.
Guardando stelle ed ombre
che il profondo: come il giorno
non nasconde.
Quasi che solo nella casta
intimità crepuscolare
possa maturare
questo nostro desiderio.
E che il giorno
sia solo la finzione
di un’eterna dimensione!
Malika Kumlien
Opera 9° classificata
Della verità del mio respiro
Non c‘è luna senza risveglio,
sangue versato senza perdono,
so che il mio volo trova sempre
spazio nell’incanto del tuo cielo.
Occhi di luce mai perduti
nell’abisso del mondo,
come gemme incastonate
nel freddo di pietra dura,
ti amo perché sai del geranio
che appassisce e del caduco inverno,
della fievole fiamma che del mio infinito
strazio brucia come delle ombre dileguate
dallo sfolgorio di nuovi amori.
Tu conosci il mio sfinimento,
ma sai anche delle possenti braccia di Dio.
Sai dei mari in cui sprofondo,
della riva del desiderio in cui mi salvo
e delle mie infinite mani.
Sai che il cappio che oscilla sul mio
travestimento è sottile e segreto mentre
impietose riecheggiano le urla della mia verità.
Sai delle ore squarciate dal nulla sovrano
come del tempo ritrovato nella
sola quiete del mio respiro,
dei tanti figli mai nati come
delle mie continue morti.
Ti amo perché sai dei miei passi
affossati da macigni di idee confuse
e ardori spenti e sogni vuoti,
come conosci le increspature bianche
sulle onde della mia anima accesa
di vento leggero e fuoco vivo.
Ti amo perché sai di me, e del profumo
delle praterie dove corro a piedi nudi,
là dove nessuno vede e solo tu fai
della verità il mio respiro.
Biagio Bucci
Opera 10° classificata ex aequo
Gemme
Luci,
incastonate come gemme
in un gioiello,
rispecchiano
colori
tremuli
nell’acqua,
allungandosi
riflettono il
loro scintillio
in un paesaggio
incantato,
facendo cornice
ad un luogo
amato.
Nadia Chiaverini
Opera 10° classificata ex aequo
Ad Alda Merini
Infine
smarrire la ragione
gettando la coltre
che ti riscalda
e correre nuda nella foresta
come una cerva accecata
dal dolore
o un armadillo impaurito
inseguito nel deserto
ondeggiare nell’abisso
come un’alga perenne
Miranda Haxhia
Vincitrice Premio Poesia Internazionale
(Quando in Cosovo era sul fuoco l’esistenza di un popolo…)
“Butta le armi soldato…!”
I crepuscoli e i tramonti
si negano nelle sanguinate del soldato,
vattene, lontano dalle terre straniere.
Come si può non sentire il dolore per l’erba,
trascinato sotto le tue gambe?
La maceria tocca, il ricordo di tua madre,
tutto è una speranza e una follia.
Sopra il tuo elmo, ballano le prostitute,
l’ubriacato soldato, sorride…
Con la gran ragione dell’esistenza.
Il sorriso,
scalpellato in un medaglione di ferro,
la vita e la morte tutto in grigio.
Un soldato ucciso
con la testa affogata
nelle feste delle graziose geishe
non posso guardarlo,
anche un bambino… massacrato.
I governi crescono e le crisi
nella fine della danza
e della passione iguane.
Anche il cielo è perso,
morto sotto la cenere delle case bruciate.
Rimane solo il numero di un medaglione
la speranza e la follia
di un tramonto sanguinato
e un crepuscolo scimunito.
Torna in casa, soldato straniero!
... Tempo fa, un uccello ferito
mi guardava da una gabbia,
con l’universo degli occhi sommersi,
le piume come i boccioli sfioriti nel corpo.
Piansi con una voce di cigno,
con la paura che io non piangessi mai più.
Butta le armi, soldato…
... non voglio piangere, non voglio!